NHW Survey
Cosa sanno le persone dei pericoli naturali?
Come usano il web per informarsi?
Quali i canali preferiti? Da quando esiste il web 2.0, ogni qualvolta accade un’emergenza, che sia per un maltempo o un terremoto, leggendo i post sui social media o i commenti agli articoli dei giornali online viene da chiedersi quanto i cittadini, le persone, i web user conoscano la materia “pericoli naturali” ed anche la gestione dell’emergenza.
Non è raro constatare quanto un’emergenza possa cogliere le persone colpite come se fosse uno strale divino che per qualche bizzarra ragione li abbia colpiti portando con sé morte e distruzione. Poca consapevolezza sembra esserci sui fenomeni e suoi processi naturali tipici del territorio nel quale le persone vivono, ma in altri casi si assiste ad una vera e propria errata interpretazione di quanto è accaduto e di come si sarebbe potuto prevedere e/o prevenire. Pensiamo alle notizie (false) sulle previsioni dei terremoti, su vulcani nascosti, sul fraking, le scie chimiche; se si parlasse di alieni sarebbe forse più comprensibile; o anche a conclusioni ad effetto prendendo per previsioni delle semplici e doverose analisi di scenario. La frase “l’ho letto su internet”, con la variante “l’ho letto su Facebook” sono la risposta a chi pone dei dubbi o propone tesi diverse.
E così non ci facciamo mancare: tsunami sulla costa Toscana, tornado, uragani, bombe e cicloni in Sardegna, crateri sismici, geofisica e furia della natura, previsioni di terremoti, sciami e sequenze sismiche.
Non sono titoli di film del genere catastrofico, bensì parole prese da titoli di giornali, convegni e servizi giornalistici, che sembrano essere stati contaminati da una, non tanto sottile, tentazione apocalittica. Tentazione che a volte diventa regola, quando si parla di pericoli naturali e del loro impatto, perché, come direbbe Zygmunt Bauman “La paura è un capitale voluminoso per i mass-media.
Con la diffusione del web 2.0 e dei social network, ogni web user è diventato un produttore e distributore di contenuti, con il risultato che anche le parole usate nei messaggi viaggiano e si propagano velocemente in rete. Ma se la parola è sbagliata? Se non si tratta di tsunami, ma di una forte mareggiata? Se l’uragano è invece un temporale violento? Se “cratere sismico” è un neologismo senza fondamento scientifico? Le parole corrono velocemente, creano cortocircuiti semantici e interpretazioni dei fenomeni naturali imprecise e addirittura distorte. Per quanto scontata, la citazione di Nanni Moretti “le parole sono importanti”, rimane un caposaldo, e particolarmente azzeccata anche quando si tratta di conoscenza e comprensione del mondo dei processi naturali. Perché chiamare tsunami una mareggiata, o uragano un temporale cambia molto la relazione tra noi e i fenomeni, tra noi e il mondo che ci circonda.
Ma allora che fare per far comprendere? Bisognerebbe “erase and rewind”, ricominciare dai fondamentali: partire dalle parole e dalla loro definizione.
E’ nota l’esistenza di uno iato tra il linguaggio scientifico e quello naturale che può generare un rischio nel processo di comunicazione creando ambiguità. Pensiamo ad esempio ai concetti di pericolo e di rischio. Nel linguaggio naturale vengono spesso usati come sinonimi, ma nel linguaggio scientifico pericolo e rischio hanno un significato preciso e sono il frutto di un calcolo di probabilità per il pericolo e per il rischio di una valutazione che mette in relazione la probabilità che un evento accada con il numero di persone che potranno essere colpite e la vulnerabilità delle strutture. Una corretta comprensione del messaggio è l’obiettivo della comunicazione, ma se il messaggio arriva e non viene compreso, diventerà un messaggio ambiguo e pericolosamente inutile o peggio allarmante.
Nel corso della nostra riflessione sulla reale comprensione del tema “pericoli naturali” ci siamo rese conto che non esistevano dati sulla reale comprensione da parte degli utenti di questa tematica e dei concetti correlati. Per questa ragione abbiamo realizzato un questionario diffuso su i siti di National Geographic Italia, Le Scienze e L’Almanacco della Scienza del CNR, con l’obiettivo di capire meglio come le persone si informino e come valutino sia la propria conoscenza sia le fonti d’informazione via web.
Sintesi dei risultati del questionario
Hanno risposto in 1381, un risultato certamente positivo e che ci ha fornito anche qualche sorpresa.
Quasi tutti (92%), hanno cercato il significato di alcune parole e se, non sorprendentemente, lo strumento più utilizzato è Wikipedia, versione italiana (61%), dizionari o enciclopedie cartacei (27%) e dizionari e glossari on line (31%) sono comunque molto consultati. Se questi dati descrivono una “attitudine” consapevole, d’altro canto si nota una certa confusione quando si entra nei dettagli. Ad esempio la comprensione del concetto di “pericolo naturale”, come categoria univoca, è confuso con i singoli concetti di “pericolo” e “naturale”. Infatti una parte degli intervistati indica tra i pericoli quelli che si possono, genericamente, correlare con la “natura” come gli animali feroci e le piante velenose, o le “alien species”. Altri hanno confuso il “pericolo naturale” in senso proprio con quello antropico ed epidemiologico.
La domanda che richiedeva di associare liberamente le parole con i processi che li causano (es. liquefazione – terremoto) ha dato dei risultati particolarmente sorprendenti. Tra le risposte non corrette (37% sul totale delle risposte) abbiamo notato un fenomeno che abbiamo chiamato “Amazing Volcanoes”: infatti un’alta percentuale attribuisce ai processi vulcanici termini come “isola di calore” o “alveo attivo”. Questo in contrasto con l’auto percezione degli intervistati che si ritengono bene informati e costantemente aggiornati. Si può dedurre che se esiste il bisogno di reperire informazioni e la corretta attitudine a cercarle e confrontarle, la comprensione dei fenomeni non sia altrettanto corretta. Per quanto riguarda l’attendibilità delle fonti di informazione web, il nostro campione, attribuisce un punteggio alto ai siti degli istituti di ricerca e a quelli della protezione civile nazionale, in buona posizione anche le testate giornalistiche a diffusione nazionale e i periodici; molto bassa invece l’attendibilità attribuita ai social media ed ai siti del volontariato.
Questi i risultati del questionario, i dati hanno confermato la necessità di una maggior chiarezza terminologica e il bisogno di avere fonti più accreditate, perché la ricerca su web preferita dal 78% degli intervistati, non offre ancora dei margini di certezza su qualità, chiarezza e validità dell’informazione.