“Etno-terminologia”: l’ambiguità esplicita

Riflessione.

Il punto di partenza è come migliorare la comprensione della materia «rischi naturali» affinché sia possibile costruire una consapevolezza condivisa su cosa siano, su come «essere pronti» (preparedness).

Questo punto di partenza deriva dall’osservazione di come si parla dei rischi naturali. Da un lato abbiamo il sapere tecnico-scientifico, che nonostante sembri un sapere monolitico ha molte sfumature che poco “si parlano” tra loro; dall’altro abbiamo il linguaggio naturale, quello che usiamo, bene o male, tutti i giorni e che spesso lascia margini di indeterminatezza e ambiguità.

Quindi da un alto abbiamo il linguaggio “tecnico” e specialistico, dall’altro abbiamo il linguaggio naturale: parole che appartengono a diversi domini. Se utilizzo una parola come “basalto” avrò un significato univoco: Il basalto è una roccia effusiva di origine vulcanica, di colore scuro o nero con un contenuto di silice (SiO2) relativamente basso (dal 45 al 52 % in peso). [wikipedia]
Il problema nasce quando una stessa parola, un termine, appartiene a più domini e in ogni dominio assume significati diversi.

Solo un paio di esempi.

Suolo ha significati diversi a seconda che si usi nel dominio agronomico, geologico, urbanistico o nel linguaggio naturale.
Allerta ha significati e implicazioni diverse a seconda che il termine sia usato nel linguaggio informatico, in protezione civile o nel linguaggio naturale.

Ne consegue che un termine può avere un certo grado di ambiguità proporzionale al numero dei domini a cui appartiene. E’ quindi importante non solo considerare il significato all’interno di un dominio, ma anche la sua “interoperabilità” tra domini diversi. Una bassa interoperabilità significa che qualsiasi contenuto di informazione e di comunicazione dovrà tenere conto delle ambiguità che si posso generare.

Questo è un punto importante che l’etnometodologia ha fortemente sottolineato anche in relazione alla spiegazione scientifica che assume significato relativo e quindi riferito al contesto in cui è prodotto, approccio che è distante dagli universalia di altre correnti sociologiche (e non solo sociologiche).

L’etnometodologia è riferita allo “study of members’ methods for producing recognizable social order/s” [Rawls:2000:123.] e quindi ha ben presente come la produzione di un senso comune non sia universale bensì mediata dal “dominio” di appartenenza. Con John Heritage, “In it’s open-ended reference to [the study of] any kind of sense-making procedure, the term represents a signpost to a domain of uncharted dimensions rather than a staking out of a clearly delineated territory.” [Heritage, J. (1984). Garfinkel and ethnomethodology. Cambridge, U.K.: Polity Press. Page 5.] Garfinkel, padre dell’etnometodologia,  ha messo in luce quanto ogni affermazione fatta in un determinato contesto assuma un senso che contiene qualcosa si diverso dal significato letterale (indicalità).

La comprensione di come le persone (noi stessi) diano un senso alle nostre attività quotidiane è essenziale per affrontare il tema della comunicazione sui e dei  pericoli naturali e della comunicazione in emergenza. Perché il linguaggio può, per sua stessa natura, lasciare ampi margini di ambiguità proprio quando un gruppo (es. accademici) comunica la sua “versione” di senso su un fenomeno senza specificare il significato che assume un termine o l’interno discorso. Questo rappresenta un nodo di un’ipotetica semantic disaster resilience. Una precisione semantica diventa quindi un elemento chiave per la comunicazione in questo ambito, delicato e critico perché tocca l’integrità e la vita delle persone.

Se si volesse costruire un indice dell’informazione resiliente, questo sarebbe uno dei criteri da considerare.
Se si volesse costruire una disaster resilient semantic bisognerebbe tenere in dovuto conto questo particolare aspetto per trovare soluzioni e strumenti adeguati che possano rendere esplicita e open questa ambiguità. L’idea di costruire un’ontologia universale forse è un po’ azzardata e velleitaria, se vista da una prospettiva etnometodologica. Un’idea… le ontologie locali.

[to be contibued]

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