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Psicologia nell’emergenza

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L’emergenza terrorizza e insieme attrae perché mostra, anzi più spesso rivela, quel che c’è in modo evidente e inevitabile come, forse, nessun’altra condizione umana: l’emergenza mostra quel che c’è. In sua assenza viene immaginata come qualcosa di sconosciuto e minaccioso oltre il limite. Ma non è tutto lo sconosciuto, contemporaneamente. L’emergenza è solo l’inizio di qualcosa d’altro, è solo la parte che emerge. A volte sembra che ci venga incontro o forse noi andiamo incontro ad essa, senza saperlo.
A volte, invece, arriviamo entrambi puntuali al comune appuntamento, magari nostro malgrado, e senza averlo neanche concordato. Ma allora perché c’è chi va proprio là dove tutti gli altri scappano, a portare aiuto e a prestare soccorso?
Vi è oggi chi tenta di integrare il possibile contributo di psicologi professionisti, esperti di formazione, operatori di Protezione Civile, Volontari alle caratteristiche specifiche dei possibili scenari di Protezione Civile, definendo situazioni con tempi e modalità relazionali e di comunicazione specifici e distinti l’uno dall’altro. Come tanti punti di osservazione possano essere tra loro integrati a diversi livelli di reazione: dell’individuo, del piccolo gruppo, della comunità, del sistema dei soccorsi non è ancora possibile dirlo perché ESPA non è un punto di arrivo ma un punto di partenza. La protezione Civile non è un sistema stabile ma, anzi, procede in una ininterrotta evoluzione che richiede attenzione e cura costante. La prospettiva Europea e il confronto tra esperti provenienti da tante e diverse comunità offre la condizione ideale per riflettere su come intervenire in situazioni che pur interessando i singoli, riguardano in modo diretto o indiretto tutti noi.

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