I piani comunali fanno la loro apparizione in Italia verso la fine degli anni ’90, dopo le esperienze idrogeologiche della Versilia e di Sarno, e con le riflessioni seguite al terremoto dell’Umbria che videro l’introduzione del noto metodo “Augustus” come standard di riferimento per la pianificazione di emergenza. Prima di allora, l’Italia aveva come punto di riferimento istituzionale l’esperienza francese di delega allo Stato degli interessi di salvaguardia delle popolazioni. Così, il compito di predisporre i piani di emergenza era demandato ai Prefetti, i quali avevano un ruolo sovraordinato rispetto ai Sindaci nella gestione degli eventi di protezione civile.
Con il nuovo assetto di competenze seguito alle riforme degli ultimi anni, i comuni sono chiamati a predisporre ed attuare i piani di emergenza.
Lungi dal costituire uno strumento standardizzato, i piani comunali sono organizzati su scenari di rischio che vengono costruiti sulla base degli studi tecnico – scientifici eseguiti e delle statistiche sugli accadimenti esistenti, e naturalmente poggiano molto sull’esperienza degli operatori e dei cittadini del luogo. L’attività di preparazione dell’emergenza locale tende oggi, inoltre, a valorizzare ed approfondire aspetti che fino a pochi anni fa risultavano quasi completamente trascurati, quali gli aspetti socio-psicologica dell’emergenza, i problemi dell’organizzazione sanitaria, l’esigenza di una informazione completa e trasparente, la formazione e l’addestramento degli operatori.
L’avvento della rete web ha tra l’altro consentito in questi anni un utile scambio di know how fra studiosi e operatori, favorendo una più veloce diffusione della pianificazione comunale.