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Pericolo Vulcanico

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Le eruzioni vulcaniche sono fenomeni naturali caratterizzati dalla fuoriuscita dall’interno della terra di prodotti originati dall’attività magmatica endogena: gas, vapori, materiale fuso e solido.
L’attività vulcanica può generare una serie di fenomeni pericolosi, diversi a seconda del tipo di eruzione (effusiva o esplosiva) che si identificano in generale nella caduta dei materiali grossolani e delle ceneri, nelle emissioni di gas, nelle colate di fango, ma anche in incendi e meno frequentemente in maremoti (Tsunami) e terremoti.
Per rischio vulcanico si intende la probabilità che un vulcano entri in eruzione in rapporto alle quantità dei danni che questa può provocare.
Riassumendo si può affermare che quanto maggiore è la probabilità di eruzione tanto maggiore è il rischio, così pure quanto maggiore sono i beni e la popolazione esposta tanto maggiore è il danno che ne potrebbe derivare e quindi il rischio.
Per quanto riguarda il territorio italiano, il  Vesuvio e l’ Etna sono due vulcani attivi che si trovano in aree densamente popolate: se si dovessero verificare eventi disastrosi come quello del 79 d.c. in cui il Vesuvio distrusse Pompei e di Ercolano, saremmo di fronte a catastrofi naturali di dimensioni apocalittiche.
L’uomo non può intervenire per diminuire la pericolosità vulcanica; essa dipende da fenomeni naturali che sono fuori dalla nostra possibilità di controllo. Ma una corretta gestione del territorio e adeguate misure di previsione e prevenzione possono variare, o almeno limitare l’aumento del valore esposto e della vulnerabilità e quindi mitigare fortemente il rischio vulcanico.
Siccome la posizione dei vulcani è conosciuta è relativamente semplice organizzare delle reti di rilevamento con finalità di previsione delle eruzioni. Numerosi sono stati i casi in cui per mezzo dei segni precursori si è salvata la vita a migliaia di persone.

Vulcani ed Eruzioni

Da uno studio effettuato dall’Istituto di Vulcanologia dell‘Università degli Studi “Roma Tre”:

* Cos’è un vulcano?
* Cosa sono i vulcani a scudo?
* Come sono gli strato-vulcani?
* Come sono i Duomi vulcanici?
* Come sono i vulcani monogenici?
* Come si formano i campi vulcanici?
* Tutti i vulcani hanno forma a montagna?
* Come sono i vulcani italiani?
* Cos’è un’eruzione vulcanica?
* Perchè avvengono le eruzioni?
* Dove avvengono le eruzioni?
* Come possono essere le eruzioni?

Le Previsioni delle Eruzioni

Prevedere un’eruzione vulcanica significa prevedere dove e quando avverrà e di che tipo sarà.
Per rispondere alle prime due domande (dove e quando) è necessario installare delle reti di monitoraggio che rilevano una serie di parametri fisico- chimici indicativi dello stato del sistema vulcanico e ogni loro eventuale variazione rispetto al livello di base individuato.
La previsione a breve- medio termine si basa infatti sul riconoscimento e sulla misura dei fenomeni che accompagnano la risalita del magma verso la superficie, che vengono detti fenomeni precursori.
I principali precursori consistono nell’innesco di fratture (terremoti) causato dall’induzione di tensioni meccaniche nelle rocce, nel rigonfiamento o cambiamento di forma dell’edificio vulcanico provocato dall’intrusione del magma, nelle variazioni del campo gravimetrico e magnetico nell’intorno dell’edificio vulcanico, nell’incremento e cambiamento di composizione delle emanazioni gassose dai crateri e dal suolo, nelle variazioni delle caratteristiche fisico chimiche delle acque di falda.
Questi fenomeni, che accompagnano la risalita del magma, possono essere rilevati da opportune reti strumentali fisse, in acquisizione 24 ore al giorno, oppure attraverso la reiterazione periodica di campagne di misura.

La sorveglianza dei vulcani italiani è condotta e coordinata dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), che opera in convenzione con il Dipartimento della Protezione Civile, attraverso le proprie Sezioni preposte al monitoraggio vulcanico (Sezione di Napoli – Osservatorio Vesuviano, Sezione di Catania, Sezione di Palermo).
Per prevedere invece di che tipo sarà la prossima eruzione (previsione dei possibili scenari eruttivi futuri) occorre effettuare studi sulla storia eruttiva del vulcano in oggetto ed estrapolare al futuro il suo comportamento passato. Un altro importante contributo è dato dagli studi geofisici (gravimetrici e di tomografia sismica) volti a definire quale sia la struttura profonda del vulcano e il suo stato attuale.

La Sorveglianza dei Vulcani

Molto spesso prima che avvenga un’eruzione di un vulcano quiescente si verifica una serie di fenomeni indicativi di uno stato anomalo del vulcano; questi fenomeni, anche se vengono definiti precursori, non sono altro che un processo vulcanico già in atto.
Il fatto che anticipino l’eruzione vera e propria di un periodo di tempo più o meno lungo dipende da fattori che al momento restano in gran parte sconosciuti. Non ha quindi molto senso parlare di precursori di lungo, medio o corto periodo, in quanto gli stessi fenomeni possono durare per tempi molto diversi, a seconda della natura fisica del vulcano e dei magmi connessi. Da questo si comprende come uno dei compiti primari della vulcanologia sia quello di ricostruire un modello fisico di vulcano che permetta di elaborare delle previsioni sul suo comportamento, soprattutto per i vulcani che si trovano in fase quiescente da lungo tempo e per i quali le modalità eruttive sono poco note.
Pur essendo il quadro dei fenomeni premonitori tutt’altro che chiaro, il verificarsi di una serie di essi indica una situazione anomala o in profondità o segnalare addirittura il possibile arrivo di magma a livelli superficiali. Anche se sono poche le informazioni relative ai tempi caratteristici dei fenomeni precursori, in generale si è notato che le eruzioni effusive di magmi basaltici sono anticipate da fenomeni della durata di pochi giorni, mentre le eruzioni di magmi più differenziati hanno precursori con tempi più lunghi. Questa differenza può essere legata ai differenti meccanismi eruttivi con cui avvengono le eruzioni effusive e quelle esplosive.
Oltre alla difficoltà nel valutare la durata dei fenomeni precursori, la previsione di un evento eruttivo è difficile anche per il fatto che l’eruzione rappresenta una discontinuità nel comportamento fisico del sistema vulcanico. Prima dell’eruzione, il sistema è prossimo a una condizione di instabilità e ogni piccola variazione dei fattori che ne controllano lo stato può avere effetti determinanti. Se si pensa a un bicchiere completamente ricolmo d’acqua, il trabocco può avvenire quando si aggiunge un’altra goccia, quando si dà un piccolo colpo al bicchiere, quando cambia la temperatura dell’acqua o del bicchiere, quando varia la pressione atmosferica, ecc. Un vulcano che sta per eruttare è qualcosa di molto simile e per fare una previsione sul suo comportamento si dovrebbe tenere sotto controllo un numero di parametri che spesso sfuggono a qualsiasi misura. Proprio la complessità del fenomeno è una delle ragioni per le quali le risposte di un vulcanologo risultano spesso imprecise o ambigue.

Le deformazioni del suolo

Un’iniezione di magma al di sotto o all’interno di un edificio vulcanico provoca normalmente un piccolo ma rilevabile rigonfiamento (inflazione), temporaneo o permanente, dell’apparato stesso. Il verificarsi di un’eruzione o della migrazione del magma in fessure laterali, può provocare uno sgonfiamento dell’edificio (deflazione).
Alcuni esempi storici di vistose deformazioni del suolo che hanno accompagnato o preceduto delle eruzioni sono, oltre alla citata variazione della linea di costa avvenuta prima dell’eruzione del 1538 di Monte Nuovo nei Campi Flegrei (Parascandola, 1947), il rigonfiamento di un campo arato prima dell’eruzione del Paricutin (Messico) del 1943 e l’eruzione dell’Usu (Giappone) del 1944. Non sempre le deformazioni del suolo in aree vulcaniche sono immediatamente seguite da eruzioni. Ad esempio, il sollevamento della zona dei Campi Flegrei nel 1970 e 1982 e della caldera di Long Valley nel 1980-83 non hanno, a tutt’oggi, segnato l’inizio di una ripresa di attività, mentre a Rabaul (Papua, Nuova Guinea) dove fra il 1971 ed il 1984 si era avuto un comportamento analogo a questi due casi, è avvenuta un’eruzione nel settembre del 1994.[/tab][tab title=”La Sismicità nelle aree Vulcaniche”]Una variazione delle condizioni di pressione nel serbatoio magmatico o una migrazione di magma possono causare terremoti al di sotto di un vulcano. Nel caso delle eruzioni vulcaniche, l’esperienza indica che a volte il numero dei terremoti aumenta con l’approssimarsi dell’eruzione. A volte, un aumento della sismicità, come nel caso della registrazione di uno sciame sismico, cioè di centinaia di terremoti in poco tempo, avviene senza essere seguito da un’eruzione. I precursori sismici possono avere intervalli di tempi molto variabili da vulcano a vulcano e anche da eruzione a eruzione nello stesso vulcano. Alcuni precursori sismici sono stati seguiti da un’eruzione a distanza di un anno o più (es. Krakatau, 1883; Nevado del Ruìz, 1985), altri di molti anni (Rabaul, 1994), ma nella maggior parte dei casi i tempi sono di settimane o di mesi (St. Helens, 1980; Pinatubo, 1991). In alcuni casi i precursori sismici si avvertono pochi giorni o ore prima dell’eruzione (Krafla, Islanda, 1975-82; gran parte delle eruzioni del Kilauea; Usu, 1977; Redoubt, 1989-90).
La sorveglianza sismica di un’area vulcanica consiste nell’osservare i terremoti che vi avvengono, nel catalogarli e nel cercare di capire se essi mostrano andamenti più o meno regolari nello spazio e nel tempo. Ci si aspetterebbe che il movimento verso la superficie di una certa quantità di magma provochi terremoti a profondità sempre più basse. In realtà un andamento simile è stato osservato solo raramente e i casi sono citati ad esempio. Più spesso, la sismicità sotto il vulcano appare distribuita casualmente e, talvolta, si osserva addirittura una migrazione dei terremoti verso il basso nel corso dell’eruzione. Altre volte, insieme a un aumento generale del numero di terremoti nel tempo, si è osservato anche un incremento nei terremoti superficiali rispetto a quelli profondi. Questo fatto è ritenuto un sintomo dell’approssimarsi di un’eruzione.

Altri Precursori

Altri fenomeni sporadici possono essere considerati prei Ad esempio, l’avvicinarsi del magma può causare un aumento di temperatura alla superficie del vulcano, anche se questo processo è limitato dalla bassa conducibilità termica delle rocce. Le fumarole, originate dal riscaldamento dell’acqua di falda e frequenti anche su vulcani quiescienti da lungo tempo, possono avere variazioni di temperatura e di composizione chimica prima di un’eruzione. Infatti, una risalita di magma può aggiungere nuovi tipi di gas ai vapori delle fumarole e causarne un aumento di temperatura e la variazione di composizione chimica. Se le fumarole emettono vapore acqueo, la loro temperatura può innalzarsi fino al punto di ebollizione dell’acqua a quella profondità, mentre la composizione chimica può variare solo se vi è essoluzione di gas magmatici.
Com’è accaduto nel caso dei precursori dell’eruzione del St. Helens del 18 maggio 1980.

La Situazione in Italia

Mediamente in Italia l’uso del territorio vicino ai vulcani, non ha tenuto conto della loro pericolosità, permettendo l’instaurarsi di situazioni di alto rischio. Naturalmente non tutti i vulcani italiani presentano lo stesso livello di rischio che, come abbiamo detto, dipende da vari fattori.
In Italia esistono numerosi vulcani, sia estinti, sia quiescenti, sia attivi.
Sebbene alcuni studiosi ritengono che non si possa mai considerare del tutto estinto un vulcano, la comunità scientifica internazionale ha adottato dei criteri per classificare i vulcani rispetto al loro stato di attività:

Vulcani estinti

I vulcani estinti sono quelli la cui ultima eruzione risale ad oltre 10.000 anni fa. I principali vulcani italiani che rientrano in questa categoria sono: Monte Amiata, Vulsini, Cimini, Vico, Sabatini, Isole Pontine, Roccamonfina, Vulture.

Vulcani quiescenti

Sono vulcani attivi che hanno dato eruzioni negli ultimi 10.000 anni, ma si trovano attualmente in una fase di riposo da tempo più o meno lungo. Secondo una definizione più rigorosa, si considerano quiescenti quei vulcani il cui tempo di riposo attuale è inferiore al più lungo periodo di risposo registrato in precedenza.
In Italia si trovano in questa situazione: Colli Albani, Campi Flegrei, Ischia, Vesuvio, Salina, Lipari, Vulcano, Isola Ferdinandea, Pantelleria.

Vulcani attivi

Vulcani attivi: quelli che hanno avuto eruzioni negli ultimi anni. In Italia: Etna e Stromboli.

Vulcani in Italia

Vulcani
Caratteristiche del Vulcano
Stromboli Stromboli è uno strato-vulcano con attività persistente (esplosioni stromboliane) del quale sono visibili solo i 900 metri che affiorano dal mare, mentre circa altri 1000 metri si trovano sott’acqua.
Le esplosioni sono di bassa energia e emettono brandelli di magma che in parte ricadono all’esterno del cratere nel punto dove questo è più basso, e scivolano lungo un dirupo chiamato la Sciara del Fuoco.
Lo Stromboli è ininterrottamente attivo da oltre 2000 anni. La sua attività viene suddivisa in 7 cicli, che corrispondono a emissioni di magmi con caratteristiche diverse. Nel corso del ciclo detto del Vancori si è costruita l’attuale cima, al cui interno si è impostata l’attività recente.
Il cratere attuale, detto La Fossa, contiene cinque bocche dalle quali avvengono esplosioni, emissioni gassose e saltuari efflussi di lave che scendono lungo la Sciara di Fuoco verso il mare.
Vai alla pagina dedicata al Vulcano Stromboli del sito del Dipartimento della Protezione Civile
Etna L’Etna è un vulcano di grandi dimensioni, quasi continuamente attivo con emissioni di lave sia dal cratere centrale che da numerose fratture lungo i fianchi.Vai alla pagina dedicata al Vulcano Etna del sito del Dipartimento della Protezione Civile
VesuvioUltima eruzione: 1944 Il complesso vulcanico Somma-Vesuvio è formato da un apparato antico in parte demolito, il Somma, all’interno del quale si è costruito uno strato-vulcano più recente, il Vesuvio.I prodotti più antichi di questo vulcano sono posteriori a 34000 anni fa. Le eruzioni del Vesuvio sono state sia di tipo esplosivo che effusivo. La più famosa è quella esplosiva che nel 79 d.C. distrusse Ercolano e Pompei. Dalla fine del 1600 fino al 1944 il Vesuvio ha avuto cicli di attività intervallati da riposi durati al massimo sette anni. L’eruzione del 1944 è stata un’eruzione di tipo prevalentemente effusivo, non molto diversa da altre che l’hanno preceduta, ma è seguita da una stasi più lunga che perdura a tutt’oggi. Vai alla pagina dedicata al Vulcano Vesuvio del sito del Dipartimento della Protezione Civile
PantelleriaUltima eruzione: 1891 L’isola di Pantelleria è situata nel Canale di Sicilia a 70 km dalla costa africana e a circa 100 km dalla costa sud-orientale siciliana. Con una superficie di 83 kmq è la più grande delle isole satellitie della Sicilia,ed è anche la più occidentale.
Il suo territorio è di origine vulcanica. Presenta molti fenomeni di vulcanesimo secondario, prevalentemente acque calde e fumi che dimostrano il persistere dell’attività del vulcano. L’ultima eruzione è avvenuta, nel 1891, sul pendio nord-occidentale nella parte sommersa. Il livello massimo del rilievo detto Montagna Grande è di 836 metri sul livello del mare.
E ’ ubicata in corrispondenza di una fossa tettonica sommersa, profonda circa 2000 m, e costituisce la parte sommitale di un edificio vulcanico sottomarino. La forma dell’isola, allungata secondo una direzione NW-SE, segue l’andamento generale del rift tettonico che interessa il Canale di Sicilia.
Vai alla pagina dedicata al Vulcano di Pantelleria del sito dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
VulcanoUltima eruzione: 1888-1890 L’isola di Vulcano è attualmente interessata solo da emissioni di gas. L’attività più antica che ha portato alla formazione dell’isola è culminata con una grossa eruzione esplosiva e la formazione di una caldera al cui interno si è costruito il cono più recente, La Fossa, alto 380 metri. La formazione di Vulcanello è iniziata intorno al secondo secolo a.C. e l’isolotto si è collegato a Vulcano intorno al 1550.L’ultima fase eruttiva è avvenuta al cratere La Fossa tra il 1888 e il 1890. Forti esplosioni hanno lanciato in aria scorie, ceneri e pezzi del cono vulcanico anche di diverse tonnellate. Il nuovo magma è stato eruttato sotto forma di bombe che si sono raffreddate al suolo formando una superficie screpolata (bombe a crosta di pane).
Isola FerdinandeaUltima eruzione: 1831 L’Isola Ferdinandea, conosciuta attualmente anche come “Banco Graham”, è una vasta piattaforma rocciosa situata a circa 6 metri dalla superficie marina tra Sciacca e l’isola di Pantelleria. L’eruzione con caratteri idromagmatici, ha portato alla rapida costruzione di un rilievo vulcanico esclusivamente piroclastico alto poche decine di metri sopra il livello del mare. La mancanza di una adeguata copertura lavica ha privato l’isola di una protezione dai flutti che, in effetti, l’hanno smantellata completamente nel giro di pochissimi mesi.
Dalla fine dell’eruzione, varie crociere oceanografiche si sono succedute con l’intento di cartografare il fondale di quella zona e di monitorare una eventuale ripresa dell’attività vulcanica.
Attualmente, ciò che rimane dell’isola vulcanica è un banco vulcanico ubicato a 37°09’48”,95 di latitudine N e 12°43’06”,85 di longitudine E, con la sommità che occupa un’area di circa 30 m2, con profondità variabile dagli 8 ai 12 metri e fondali circostanti molto irregolari che, a circa 200 metri dall’apice del banco, precipitano considerevolmente.
Vai alla pagina dedicata al Vulcano dell’Isola Ferdinandea del sito dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Campi FlegreiUltima eruzione: 1538 I Campi Flegrei sono un campo vulcanico impostato in zona calderica . La caldera flegrea si trova a Nord-Ovest di Napoli e costituisce un sistema complesso, privo di un apparato centrale per l’assenza di un’unica via di risalita del magma.L’attività vulcanica inizia nell’area intorno a 150000 anni fa e dopo12000 anni fa l’area collassò, formando la caldera. L’attività post-calderica ha formato numerosi coni isolati come il Gauro, Astroni e Monte Spina, i crateri del Senga, della Solfatara, di Averno e il duomo di Monte Olibano. L’ultima eruzione è avvenuta nel settembre del 1538. In pochi giorni si formò una montagnola alta circa 130 m che venne chiamata Monte Nuovo.
Vai alla pagina dedicata ai Campi Flegrei del sito del Dipartimento della Protezione Civile
Vai alla pagina dedicata ai Campi Flegrei del sito dell’ Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
IschiaUltima eruzione: 1302 L’attività più antica, datata in superficie nei prodotti che affiorano nella zona Sud-orientale dell’isola, è avvenuta intorno a 150.000 anni fa e sembra appartenere ad un complesso vulcanico originariamente più ampio dell’isola attuale.Successivamente, si susseguono eruzioni di duomi e colate di lava come quelle del Castello d’Ischia, Monte di Vezzi, Punta Imperatore e Monte Vico. Intorno a 55.000 anni fa avviene una grossa eruzione esplosiva i cui prodotti, il cosiddetto Tufo Verde, costituiscono l’attuale ossatura dell’isola. I prodotti del Tufo Verde vengono poi sommersi dal mare e in parte ricoperti da sedimenti marini. La fase successiva consiste in un forte sollevamento della parte centrale dell’isola, con la formazione dell’attuale monte Epomeo. Poco prima o poco dopo questo sollevamento, si colloca l’eruzione dei Tufi di Citara. L’attività prosegue con la formazione di una serie di centri eruttivi prevalentemente nell’area Sud-occidentale. L’ultima fase di attività che si concentra invece nel settore orientale di Ischia, nel cosiddetto graben d’Ischia, dove si formano una serie di crateri, duomi e colate di lava fra le quali Monte Rotaro, il Montagnone, il Porto d’Ischia, ecc. A questa fase appartiene pure la colata di Zaro che si trova invece nella parte Nord-occidentale. L’ultima eruzione è avvenuta nel 1302 con l’emissione della colata dell’Arso. Vai alla pagina dedicata al Vulcano di Ischia del sito dell’ Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
LipariUltima eruzione: VI – VII secolo d.C. Lipari, la più grande, ha avuto l’ultima eruzione in epoca romana, intorno a 1200 anni fa. La fase di attività più recente si è sviluppata contemporaneamente in due centri eruttivi detti Forgia Vecchia e Rocche Rosse. Il periodo di riposo che ha preceduto questa fase si è protratta per circa 3500 anni.I cicli dell’attività recente cominciano con una grande esplosione che apre la strada alla risalita di magma. I prodotti di questa fase consistono in frammenti dell’apparato vulcanico e pezzi di lava delle eruzioni precedenti. Durante la fase esplosiva che segue l’apertura del cratere, vengono eruttate pomici e altri prodotti piroclastici. Il ciclo si chiude con l’emissione di limitati volumi lave molto viscose. I magmi eruttati a Lipari sono molto ricchi in silice e la loro viscosità al momento dell’emissione delle lave doveva essere talmente alta da impedire la formazione di cristalli. Si sono formate in questo modo le colate di ossidiana, una roccia vulcanica vetrosa, nera e compatta, la cui importanza ha segnato la fortuna di molte popolazioni preistoriche che la utilizzavano per costruire una gran quantità di utensili e armi.

 

Documenti

Terremoti, vulcani e tsunami in Italia di F.Barberi

 

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