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Monitoraggio

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==Storia del monitoraggio in Italia==
[[Immagine:VersiliaMap.jpg|220px|thumbnail|left| Mappa della Versilia]]Parlare di monitoraggio per la protezione civile in Italia significa prima di tutto ripercorrere alcune tappe della nostra storia più recente. Occorre dire che le attività di monitoraggio sistematico per finalità di protezione civile nascono con l’[http://www.ispronline.eu/site/content/1996-alluvione-versilia alluvione dell’Alta Versilia del 19 giugno 1996].
In quell’occasione alcuni comuni non si rassegnarono ad aspettare, ogni volta incrociando le dita, che smettesse di piovere, e cercarono con forza una soluzione definitiva. Nel comune di Seravezza venne costituito un “Centro Polifunzionale” proprio nel luogo ove era stato istituito il COM per la gestione dei soccorsi.
Dopo una breve osservazione iniziale del problema gli operatori e gli amministratori si accorsero di alcuni aspetti mai considerati prima:
#quegli eventi estremi che con un po’ di fatalismo e buon senso antico venivano di solito considerati come “colpi del cielo”, potevano in realtà essere non solo previsti prima, ma addirittura seguiti nella loro evoluzione, ponendo dunque le strutture locali in condizione – era la prima volta che se ne parlava in Italia – di intervenire non solo durante, ma addirittura “prima” dell’evento, attivando risposte preventive di protezione civile invece che semplici e tardive operazioni di soccorso post disastro.
[[Immagine:Singing_in_the_rain.jpg|220px|thumbnail|left|]]
#gli strumenti per ottenere questo tipo di performance esistevano già anche in commercio e non era così vietato disporne per un ente locale: essi erano un meteosat, un radar, un sensore di fulmini, i Metar aeroportuali, e i pluviometri, che occorreva leggere assieme in modo integrato;
#per una prassi consolidata di separazione netta di competenze tecnico-amministrative, tuttavia, tali strumenti, ove già disponibili alla struttura pubblica, erano affidati a soggetti completamente scollegati dagli enti locali, che erano in ultima analisi i soggetti più direttamente esposti ai rischi e quelli chiamati alle prime risposte di protezione civile. E così nella Versilia colpita dall’alluvione, e precisamente in un ufficio del Comune di Seravezza, nell’ormai lontano autunno del 1996 venne implementato un sistema di monitoraggio tanto pionieristico quanto significativo, e che era costituito da un impianto satellitare diretto (internet era all’epoca ancora troppo lento per poter scaricare alla svelta una con le scale di bianco delle nubi da valutare), un sensore di fulmini, un piccolo radar sul tetto della sala operativa finanziato appositamente dalla Regione Toscana e, per la prima volta a livello davvero sperimentale, un collegamento remoto con il “Marte”, sistema di lettura in telemisura delle stazioni idro-pluvio-meteorologiche dell’intero bacino idrografico, che una tantum non era affidato esclusivamente ai Servizi Tecnici Nazionali che se lo custodivano abbastanza gelosamente per riempire annali e di quando in quando suonare un campanello in Prefettura, bensì a un comune e alla struttura del volontariato locale, che ne potevano disporre con un proprio metro di valutazione e una propria capacità di iniziativa senza il condizionamento psicologico del rischio dei falsi allarmi.
Le scoperte principali che in termini di protezione civile furono realizzate nel Comune di Seravezza in quella sperimentazione furono due:
#seguendo la successione delle immagini e dei dati estrapolati era possibile individuare la provenienza, la velocità tendenziale e la direzione della perturbazione, ponendo la struttura locale di protezione civile nelle condizioni sia di rispondere preventivamente sul territorio che di informare tempestivamente altri soggetti interessati nelle eventuali fasi successive;
#già sulla base dei risultati delle prime esperienze locali di monitoraggio, anche in assenza di modellazioni e di sistemi di afflussi deflussi all’interno del bacino, associando in modo assolutamente empirico le cronache dei danni registrati in occasione dei diversi nubifragi avvenuti nel tempo con i dati immagazzinati progressivamente dal sistema Marte e con la successione delle immagini Sat e Radar memorizzate, una volta opportunamente considerati anche gli aspetti della piovosità stagionale e la persistenza del maltempo nella zona nei diversi periodi, era possibile stabilire con sufficiente approssimazione delle soglie di pluviometria raggiunte le quali era consigliabile chiudere le strade perché ci sarebbero state quasi sicuramente frane e smottamenti.

[[Immagine:Foto alluvione Versilia 1996.jpg|220px|thumbnail|left|Alluvione Versilia 1996]]Una cosa che appare pacifica oggi, ma rivoluzionaria all’epoca, e che paradossalmente nessuno fino ad allora si era curato di sperimentare e di accertare, nemmeno nella comunità scientifica. Questa novità non poteva passare inosservata anche agli occhi del Dipartimento della Protezione Civile, che quella stessa sperimentazione aveva approvato e “protetto” dalla diffidenza di coloro che la temevano come una rivoluzione pericolosa.
E così, mentre la Sala Operativa di Seravezza diveniva meta di pellegrinaggi da tutta Italia, un approccio analogo venne sperimentato nel 1998 in occasione delle operazioni di soccorso seguite al disastro di Sarno e Quindici, dando origine ai primi piani di evacuazione predisposti a Siano e a Quindici (SA) sulla base di perimetrazioni obbligatorie delle aree esondate e di soglie pluviometriche prestabilite: erano i cosiddetti “piani speditivi” che ritroveremo codificati nel Decreto Sarno. E fu proprio il decreto 180/98 “Sarno”, che sulla scorta di quell’esempio toscano del 1996 e delle sue conferme campane, volle rendere obbligatoria, oltre alla perimetrazione e alla pianificazione di emergenza, anche la messa a disposizione, da parte di tutti i possessori anche privati, dei dati di rilevazione tecnico-scientifica e statistica di possibile interesse per le finalità della protezione civile, in modo da favorire sempre di più questo tipo di approccio alla prevenzione del rischio idraulico e idrogeologico. Il resto è storia d’oggi, ed è storia di grandi progressi compiuti dal nostro Paese, ormai uno dei più avanzati in assoluto nel campo della prevenzione e del monitoraggio del rischio idraulico. Lo stato dell’arte è enormemente progredito, e la sempre più raffinata scienza idraulica si è sostituita man mano, come era giusto, all’empirico ma coraggioso sperimentalismo dei primi operatori costretti ad una pionieristica autarchia: una [http://www.protezionecivile.it/minisite/index.php?dir_pk=270&cms_pk=1664| direttiva del Dipartimento Nazionale] coordina allo stato attuale l’imponente impegno tecnico e finanziario profuso da tutte le regioni italiane nelle attività di monitoraggio.
E così, se nel 1996 un sindaco per capire la tendenza di un temporale era costretto a telefonare in un aeroporto sperando che l’unico radar funzionante in Italia non fosse quella sera in avaria, oggi l’intero Paese è osservato in ogni momento da migliaia di occhi e da centinaia di strumenti che possono in qualsiasi momento, come tanti operatori di protezione civile, contribuire a segnalare prima del tempo un pericolo per la popolazione e a salvare vite umane.

==Il sistema nazionale di sorveglianza e allertamento==
[[Immagine:Pluviometro.JPG|150px|thumbnail|left| Pluviometro]]
Attualmente il nostro Paese viene tenuto costantemente sotto sorveglianza attraverso la rete dei cosiddetti Centri Funzionali regionali i quali, coordinati da un centro Funzionale Nazionale, provvedono a tutte le fasi che caratterizzano l’attività, a partire dalla valutazione della situazione meteorologica su scala generale (Vedi voce [[Meteorologia]]), che si traduce, all’occorrenza, in un’iniziativa di avviso e allertamento meteorologico nei confronti delle zone d’Italia più interessate dal rischio di fenomeni di una qualche rilevanza. Un sistema di collegamento e confronto costante fra i centri garantisce la coerenza delle valutazioni, che si traducono in veri e propri “avvisi di criticità” che il Dipartimento nazionale emette, e cui tutti gli Enti interessati devono dare riscontro operativo.
La rete si fonda naturalmente sull’utilizzo di moderne strumentazioni che consentono ogni tipo di valutazione prima, durante e dopo i fenomeni osservati. I Centri funzionali e le sale operative delle regioni garantiscono l’eventuale pronta attivazione delle strutture di protezione civile locale ogni qual volta se ne ravvisa la necessità, secondo gli schemi di allertamento e di funzionamento delle strutture che sono stati localmente valicati. Il Dipartimento della protezione Civile, attraverso il suo Servizio di Previsione e Prevenzione, promuove il migliore coordinamento del [http://www.protezionecivile.it/minisite/index.php?dir_pk=251&cms_pk=1443&n_page=4| sistema di sorveglianza e allertamento].

==Documentazione==
[[Media:DPCM 27 febbraio2004.pdf| Direttiva Dipartimento della Protezione Civile 27 febbraio 2004 – Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento]]

==Voci correlate==
[[Meteorologia]]

==Strumenti web per il monitoraggio==
Una raccolta di link utili per il monitoraggio è disponibile nella sezione Sala situazioni del sito Ispro
[[Immagine:Sala situazioni.jpg |160px|thumbnail|left| [http://www.ispronline.eu/site/sala_situazioni/1 Meteo – Sala Situazioni del sito Ispro]]]

[[Categoria: Previsione e Prevenzione dei Rischi]]