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D. De Di

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Gli effetti che un terremoto produce sulla superficie terrestre, si dividono in transienti e permanenti. Gli effetti transienti sono le oscillazioni che avvengono durante e immediatamente dopo il terremoto, ovvero le onde sismiche: questi vengono percepiti soltanto dai sismometri, in caso di eventi di piccola magnitudo, o da persone e strumenti, per eventi di magnitudo elevata. Sono dunque effetti che hanno inizio e fine in un intervallo di tempo limitato, la cui durata è anch’essa proporzionale alla magnitudo del terremoto. Proporzionale alla magnitudo è anche l’estensione dell’area in cui si possono registrare le oscillazioni, che va dai pochi km alle migliaia di km per i terremoti più forti. Le oscillazioni prodotte dai terremoti di Magnitudo circa maggiore di 5, vengono registrate in tutto il globo terrestre. Viceversa, gli effetti permanenti che un terremoto produce hanno una estensione molto limitata (dell’ordine del chilometro) anche per i terremoti più forti, e variano fortemente con il tipo di frattura che ha generato il terremoto stesso, come vedremo nei tre esempi considerati nelle figure. Tali effetti consistono in uno spostamento non elastico, ovvero un punto che si muove durante l’evento sismico non torna nella sua posizione iniziale, modificando in modo permanente la sua posizione. L’entità di questo spostamento è proporzionale alla magnitudo ed è tanto maggiore quanto più la faglia è vicina alla superficie. Viene misurato in tre componenti, due sul piano orizzontale, che indicano spostamenti nelle direzioni Est-Ovest e Nord-Sud, e una verticale che descrive un innalzamento o un abbassamento.

Nelle figure le frecce sul piano inferiore indicano lo spostamento in cm sul piano orizzontale (la scala delle frecce è indicata in basso), mentre il piano superiore, a colori, indica lo spostamento verticale in cm la cui entità è descritta dalla scala di colori sulla sinistra. Le linee nere a tratto continuo, limitate dai quadratini colorati, indicano le proiezioni in superficie del lato più superficiale del piano di faglia. Le linee tratteggiate sono le proiezioni sulla superficie dei bordi laterali e del lato più profondo del piano di faglia. Insieme rappresentano dunque l’intero piano di faglia proiettato sulla superficie. Le tre figure illustrano come si è modificato, in modo permanente, il terreno a seguito di tre diversi eventi: il terremoto dell’Irpinia, 1980, in figura 1, le due scosse del 26 Settembre 1997 della sequenza sismica dell’Appennino Umbro-Marchigiano, in figura 2 (la faglia più a sud è quella che ha generato l’evento delle ore 02.33, quella più a nord ha generato l’evento delle 11.40), e il terremoto del Friuli,1976, in figura 3. Il terremoto dell’Irpinia (figura 1) e quello Umbro-Marchigiano (figura 2) hanno in comune il fatto di essere avvenuti al di sotto della catena Appenninica di essere caratterizzati da un movimento distensivo (le frecce indicano un allontanamento dal piano di faglia). Questo ha come effetto più evidente un abbassamento dei punti che si trovano, sulla superficie, direttamente sopra al piano di faglia, fino a -61.33 cm nel caso dell’Irpinia e -30.01 cm nel caso del più recente evento Umbro-Marchigiano. Il fatto che lo spostamento in Irpinia sia stato circa il doppio di quello in Umbria-Marche è dovuto alla maggiore magnitudo del primo e al fatto che la faglia dell’Irpinia ha raggiunto la superficie mentre quella del terremoto Umbro-Marchigiano è a qualche km di profondità. Il terremoto del Friuli, invece, è stato generato da un movimento sul piano di faglia opposto ai due precedenti ovvero da un movimento compressivo (le frecce convergono verso il piano di faglia). è evidente nella figura che, contrariamente ai due casi precedenti, lo spostamento maggiore è stato positivo, ovvero un innalzamento, fino ad un massimo di 25.86 cm (la zona azzurra nella figura 3). E’ importante sottolineare che i danni che avvengono a seguito dei terremoti non sono causati direttamente dagli effetti permanenti appena descritti ma da quelli transienti, ovvero dalle oscillazioni provocate dal passaggio delle onde sismiche. Sono però gli effetti permanenti che modificano il paesaggio contribuendo a formare le morfologie che osserviamo.